A. MALINCONICO

PSICOLOGIA ANALITICA E MITO DELL’IMMAGINE
FRANCO ANGELI  2015

Una passeggiata in punta di piedi nei panorami della Psicologia Analitica, a partire dall’arrivo in Italia di Ernst Bernhard, intorno al quale a metà del secolo scorso si compose un cenacolo di futuri analisti, ma anche di grandi personaggi della cultura italiana: Federico Fellini, Adriano Olivetti, Vittorio De Seta, Natalia Ginzburg, Bobi Bazlen, Mario Ubaldini, Cristina Campo, Gabriella Bemporad, Giorgio Manganelli.
Tra i giovani analizzandi/formandi di Bernhard c’era Paolo Aite. È proprio attorno alla figura di uno dei maestri dello junghismo italiano che si snoda lo scritto. Una biografia intricata, quindi, per parlare di psicologie del profondo, di teoria della tecnica analitica, del Gioco della Sabbia, dell’intersecarsi tra Psicologia Analitica e arti figurative, delle vie nuove intraprese alla ricerca di senso, centrate principalmente sul ruolo dell’Immagine.
Tra storie di individui e istituzioni, viene proposta una riflessione su come si declini il ruolo di maestro, affinché l’allievo sviluppi le proprie vie, bordeggiando tra spinta creativa, misurata imitazione e costante attenzione a non scivolare nella hybris. L’Autore a tal proposito richiama due espressioni di Paolo Aite che, in una sorta di mini-manifesto dell’antispocchia analitica, parla di “tentativo analitico” col “compagno di viaggio”, specularmente a quanto affermava Bennet, riferendosi alla costante apertura di Jung:
“Se si possiede un dogma, si sa sempre, ogni cosa può essere spiegata. Ma se non lo si possiede, si deve cercare di scoprire, e ogni persona è diversa”.